Qui sotto c’è un disegno della nostra famiglia: da sinistra a destra si vedono Lyall, Babbo, Papá e Richard. Io sono Babbo, anche se, ad essere onesti, ormai non porto piú quella testa piena di folgoranti cappelli biondi. Nonostante ció, Richard si ostina a rappresentarmi coronato da un elaborato intreccio di ciocche gialle. Lyall ha 5 anni, Richard ne ha 4.
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Come potrete immaginare, una coppia pronta a sbocciare ed evolvere per diventare genitori viene duramente messa alla prova, fino a che tutti gli scheletri nascosti, inclusi i più piccoli e (quanto meno apparentemente) insignificanti, possano uscire dall’armadio per far dono di un ultimo istante di panico. Non vi annoierò con l’elenco di tutte le valutazioni alle quali siamo stati sottoposti (anche se mi riservo il piacere di regalarvi nel futuro qualche aneddoto speciale, attentamente selezionato). In sintesi: un genitore adottivo è pronto ad affrontare ció che lo aspetta. Alcuni amici, a loro volta genitori, hanno spesso insinuato che abbiamo goduto di un qualche tipo di agevolazione: secondo loro, i servizi sociali hanno presentato l’opzione di una famiglia multicolore come la nostra con più entusiasmo del solito. Non è meraviglioso?
Ci siamo dunque armati di libri, preparati, aiutati costantemente dagli assistenti sociali di Adoption Focus, sempre attenti e pronti a far luce su tutti gli scenari e gli esiti possibili, soprattutto i peggiori (cosa fare se qualcosa di orribile ci sorprendesse all’ora di cena?): ci siamo alla fine ritrovati con due bimbi adorabili, prevedibili e perfettamente integrati nella nostra famiglia. La loro famiglia, per sempre.
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Nonostante il lieto fine, non ci dimentichiamo di quanto sia stata dura: nessuno ci ha privato della nostra buona dose di lacrime, nasi gocciolanti, cacca imprevista, stomaci contorti e sangue versato. Non esistono metodi o strategie universali per preparare due neo-genitori ad affrontare un naso che inizia a sanguinare nel mezzo di un parco, con i fazzoletti ad un miglio di distanza e totalmente sprovvisti di qualsiasi tipo di salvietta igienica (abbiamo optato per correre urlando verso la macchina, mentre l’emorragia veniva contenuta con uno dei miei calzini premuto sul naso dell’infante).
Eccoci dunque qui, celebrando pieni di orgoglio il sesto “mesiversario” della nostra famiglia. Richard è andato a scuola per la prima volta la scorsa settimana. Un immenso traguardo per un bimbo che, fino a pochi mesi fa quasi non parlava, faticando a pronunciare le parole più semplici e costantemente vinto da una timidezza che gli impediva di avvicinarsi agli altri bambini. Lo abbiamo accompagnato fino alla sua nuova classe: un caos! Abbiamo esplorato l’aula assieme ad altri 50 genitori emozionati, fino a che Richard ci è corso incontro per darci un bacio e un abbraccio, bofonchiando un “ciao” seguito da un “la c’è il mio amico Luis” mentre si allontanava correndo, lasciandoci commossi e sollevati.
Ho imparato una cosa importante: i bambini affetti da una timidezza tale da causargli seri problemi relazionali, migliorano enormemente se costantemente esposti ad esperienze diverse. Ad esempio, durante le vacanze estive abbiamo visitato tutti i parchi del vicinato, abbiamo visitato le case dei nostri amici, abbiamo provato ogni tipo di attività ricreativa ed abbiamo partecipato ad un’innumerevole quantità e varietà di eventi. Questo si che funziona: siamo genitori di uno splendido giovanotto che, finalmente, è sicuro di se’. Un ultimo appunto: i bar con parco giochi incluso al loro interno sono ORRIBILI!
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