Marzo 2019, sentenza storica da parte della Corte d’Appello di Nairobi, che riconosceva il diritto di gay, lesbiche e transessuali a costituire associazioni iscritte presso il registro nazionale. Com’è risaputo, purtroppo l’Africa è un Paese con forti sentimenti omofobi e legata alle sue tradizioni.
Proprio in questi giorni l’Alta Corte del Kenya ha rifiutato un ricorso che reclamava di abolire le leggi contro l’omosessualità. L’istanza chiedeva di depenalizzare i reati previsti dagli articoli 162 e165, tali articoli prevedevano fino a 14 anni di carcere per tutti quelli che praticavano “carnal knowledge against the order of nature”, cioè: conoscenza carnale contro natura. L’istanza (presentata da Eric Gitari, attivista keniano dei diritti della LGBTQIA) è stata rifiutata per paura che potesse aprire la strada ai matrimoni gay, non permessi dalla Costituzione.
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Le parole del giudice Roselyne Aburili: “Riteniamo che la sezione del Codice penale su cui è stato presentato ricorso non è incostituzionale, per questo respingiamo il ricorso”. A detta dei giudici, non ci sono prove sufficienti che dimostrino come le leggi criticate provochino discriminazione. Anzi, secondo la Corte le leggi rispecchiano i valori del Paese”. John Mativo, altro giudice chiamato in causa, sostiene che manchino gli elementi per decretare che le attuali norme discriminino la comunità LGBT+, le leggi puniscono chiunque e non esplicitamente gli omosessuali.
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Purtroppo il tema dell’omosessualità resta un tema che trova molta chiusura e avversione nelle religioni cristiane ed islamiche. Definita come “sodomia”, cioè “contro natura”, dalla stessa Bibbia, prende il nome dalla città di Sodoma, completamente distrutta insieme alle altre città definite “peccatrici” come Gomorra, Zeboim, Adma e Zoar. Ciò che fornisce un formidabile sostegno alle motivazioni dell’Alta Corte, che ha mantenuto intonsa la criminalizzazione dell’atto omosessuale, è la generale avversione del pubblico verso le pratiche in questione. Non ci riferiamo solo al Kenya ma all’intero continente Africano, ai paesi arabi e, ad alcuni paesi asiatici. Ciò significa che nell’opinione del collegio giudicante, non si tratta di equilibri cromosomici, ma di semplici e viziose aberrazioni sessuali.