Una coppia di padri gay è ricorsa alla procreazione medicalmente assistita con la collaborazione di due donne, una delle quali aveva messo a disposizione gli ovociti, mentre l’altra aveva provveduto alla gestazione. Tutto il processo si è svolto in una clinica canadese e la Corte di Giustizia dell’Ontario aveva riconosciuto e registrato la genitorialità di entrambi i coniugi.
Una volta tornati in Italia, i due genitori hanno richiesto la trascrizione dell’atto straniero da cui risultava che entrambi erano genitori del bambino. Dopo una lunga battaglia legale ecco la decisione della Corte di Cassazione: “no” al riconoscimento dei figli di coppie gay nati all’estero. Infatti la Corte sostiene in una nota alla sentenza che “Non può essere trascritto nei registri dello stato civile italiano il provvedimento di un giudice straniero con cui è stato accertato il rapporto di filiazione tra un minore nato all’estero mediante il ricorso alla maternità surrogata e un soggetto che non abbia con lo stesso alcun rapporto biologico (il cosiddetto ‘genitore d’intenzione’). Il riconoscimento del rapporto di filiazione con l’altro componente della coppia si pone in contrasto con il divieto della surrogazione di maternità, previsto dall’art. 12, comma sesto, della legge n. 40 del 2004, ravvisando in tale disposizione un principio di ordine pubblico, posto a tutela della dignità della gestante e dell’istituto dell’adozione”.
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La Suprema Corte, pensando però anche alla necessità di tutelare il minore, ha ribadito che il minore potrà avere comunque avere un legame giuridico con quel genitore che tale non è dal punto vista genetico e biologico ma che lo è dal punto di vista affettivo. Un’apertura dunque nei confronti della stepchild adoption.
Ora la coppia sta pensando di rivolgersi alla Corte Europea di Strasburgo per attivare il ricorso.