Questo contributo non sarà imparziale, nemmeno ha la pretesa di esserlo. Anzi, il suo scopo è proprio quello di portare il punto vista di una persona coinvolta, che Andrea lo conosceva. Lo conosce, non voglio parlare al passato. Io e lui, nati a due giorni di distanza, tanto che sua mamma si ricorda di aver visto i fiocchi rosa appesi fuori da casa mia, il giorno in cui tornò dall’ospedale.
Poi, undici anni insieme, ogni giorno: compagni di classe, ma prima di tutto amici.
“La caratteristica di Andrea è quella di raccontare sempre barzellette”, ricordo che scrissi in un compito dove ci veniva richiesto di trovare un pregio di ogni nostro compagno. Ed era vero, ne raccontava sempre, e scrivendolo mi chiesi se effettivamente fosse un pregio o un difetto, visto che dopo un po’ era insopportabile. E poi il calcio: in ogni disegno in cui l’ho rappresentato, noto ora riguardandoli, ha un pallone a fianco, e un sorriso smagliante. Ed era davvero così quando giocava. La sua più grande passione, il suo più grande sogno.
Andrea, che sabato scorso ha fatto una bravata, come avrete letto in qualsiasi articolo uscito in questi giorni; una bravata di quelle che fanno i giovani, per scherzo magari. Di quelle che però ti mettono in pericolo di vita. Ed io sono qui a scrivere per parlare a tutti quelli che, non conoscendolo, lo stanno ritenendo il classico ragazzino stupido, pronto solo a mettersi in mostra. Magari lo stanno anche insultando.
Andrea è un ragazzo estremamente intelligente, con la testa sulle spalle; e che testa. Aveva scelto di continuare il liceo, pur avendo allenamento ogni giorno e tutti i weekend impegnati in partite e trasferte, perché era consapevole della possibilità che il suo sogno non si realizzasse, o che comunque avrebbe potuto non assicurargli un futuro in quell’ambito. Un futuro che ora vacilla, come quel sogno, che speriamo si ricordi ancora di avere quando si risveglierà.
Andrea è una di quelle persone con cui riprendi il discorso che avevi abbandonato anche due mesi prima con la stessa naturalezza con cui lo faresti se fossero passati cinque minuti, perché sa metterti subito a tuo agio. L’avevo rivisto giusto un paio di settimane fa: infatti, trasferendosi a Verona per seguire il programma di allenamenti, si era dovuto allontanare dal proprio paesino, dalla famiglia e da tutti i suoi amici. Ci siamo rivisti per fare assieme l’esame teorico della patente, che la pandemia ci aveva costretto a rimandare diverse volte. Guarda caso ci eravamo ritrovati proprio lì. Nella sala d’attesa, prima di entrare, mentre il silenzio causato dal nervosismo pervadeva la stanza, lui ha continuato a parlarmi e farmi ridere, proprio come faceva alle elementari, per distrarmi in modo che non mi agitassi. Poi, pur sapendo che con il treno sarebbe tornato giusto in tempo per non perdere l’allenamento, consapevole che invece io avevo un bel po’ da aspettare, mi aveva tenuto compagnia fino all’arrivo dell’autobus.
Questo è Andrea. Una persona straordinaria, con un cuore immenso, che ha fatto una sciocchezza, sì, ma che fino a qui ha vissuto appieno la sua vita, senza riserve. Fosse anche solo per questo non merita di essere screditato, ma solo di continuare a vivere.
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