La storia di due donne che lottano per la propria figlia, nata da pochi mesi in Veneto. Le madri avevano chiesto all’ufficiale di stato Civile che venisse riconosciuta la figlia in quanto nata da fecondazione assistita, dopo che il primo ricorso presentato dalle madri era stato rifiutato. Alla luce della sentenza della Corte Costituzionale del 18 Giugno 2019, i giudici affermano che il ricorso debba essere rifiutato. Il giudice Maria Cristina Giancola in difesa della sentenza ribadisce “il trasparente intento di garantire che il suddetto nucleo riproduca il modello della famiglia caratterizzata dalla presenza di una madre e di un padre” ed esclude che “la PMA possa rappresentare una modalità di realizzazione del “desiderio di genitorialità” alternativa ed equivalente al concepimento naturale, lasciata alla libera autodeterminazione degli interessati”. Per la Corte infatti la donna non partoriente non potrà riconoscere la figlia.
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Le madri affermano: “Siamo deluse. Prima di tutto, perché la Cassazione così umilia una donna unita civilmente con la compagna. Ha infatti confermato che questa deve dichiarare alla nascita che ha avuto un rapporto sessuale con un uomo, quando la verità pacifica è una fecondazione assistita”. Le donne proveranno comunque ad interpellare la Corte europea per i diritti umani in quanto quest’ultima ha già dichiarato che non potrà difendere la famiglia tradizionale al punto di pregiudicare l’interesse di un minore.